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RECENSIONI

ANTONELLO MESCALCHIN


Antonello Mescalchin vede la sua formazione come scultore inizialmente nella falegnameria del padre a diretto contato con la materia del legno. Tuttavia la sua esperienza presto si estende all’argilla, alla terracotta, alla pietra e al marmo sviluppando una ricerca incentrata sugli aspetti simbolici e rievocativi della forma. La sua produzione è molto diversificata, passando dalle opere di piccole dimensioni a opere monumentali esposte a Roma, Venezia, Brascia.
Fin dagli anni Novanta emerge un particolare interesse verso la forma concepita come massa unitaria da plasmare, scavare, levigare, ponendo particolare attenzione allo sviluppo armonioso dei pieni e dei vuoti. Nella terra cruda Ginnasta, è evidente la tensione data dalla posizione delle braccia e dei piedi; la figura nella sua unità plastica risulta così quasi sospesa dal piano di appoggio, esaltando ulteriormente la contrapposizione tra il corpo e il vuoto sottostante. Il “piacere del modellato” è evidente anche nella terracotta Dama, una figura quasi danzante in cui le forme morbide e amplificate sembrano seguire un movimento di rotazione. Lo sguardo dell’osservatore è invitato a soffermarsi  sulle superfici con le loro qualità fisiche, ricevendo innumerevoli sensazioni ottiche e tattili.
Nella produzione più recente, Antonello Mescalchin riduce all’essenza i riferimenti figurativi per sottolineare i richiami simbolici  della materia e della forma. In Sentimento, è il legno a esaltare l’evoluzione quasi organica delle masse plastiche che dalla base si ergono verso l’alto secondo un moto crescente per culminare nel piccolo foro a destra: apertura perfetta che rompe la forma, dona respiro e mette in comunicazione lo spazio.
Sorprendono le suggestioni visive ed emotive che l’artista infonde alla materia, con l’intento di recuperare simbologie originarie. Significativi sono i numerosi riferimenti alla nascita e all’origine. Così nell’opera Maternità, la figura ancora una volta viene sublimata in un’immagine emblematica. Le superfici, perfettamente levigate, acquistano una particolare morbidezza e lasciano trasparire solo in alcune parti le tracce della fatica impiegata nel lavorare la pietra leccese. La scultura nella sua essenza richiama la forma simbolica della culla-abbraccio e diviene emblema del percorso esistenziale dell’uomo che dalla cavità uterina giunge a quell’abbraccio materno che lo accompagnerà nella vita.
La forza comunicativa della forma plastica trova la sua massima espressione in opere quali Abbraccio o Labitinto dell’anima, in cui l’estrema sintesi iconica genera un movimento  vorticoso che sembra proseguire nello spazio amplificato dalla  percezione dell’osservatore.
L’opera di Antonello Mescalchin è un invito all’interpretazione e a lasciarsi guidare dalle evoluzioni della forma e dagli infiniti richiami emotivi generati dalla diverse lavorazioni della materia.



Roberta Gubitosi

 

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MOSTRA SCOLETTA DI SAN ZACCARIA – 16-30 NOVEMBRE 2011


ANTONELLO MESCALCHIN


La lucente superficie del marmo diventa la proiezione di un percorso artistico di alto livello espressivo. Sintesi, linea continua e sinuosa, presenza arcana nella liscia materia sono tutti elementi che si fondono nella poetica di questo bravo scultore. In ogni scultura si percepisce una presenza organica che nasce dalla natura e trasforma la plasticità statica della pietra, diventa cuore pulsante, forma dinamica che si sviluppa verticalmente nello spazio, nucleo compatto di una rotazione continua. Mescalchin punta quindi al disegno puro liberato da orpelli, libera da ogni screziatura la parte levigata che appare lucente nella trasparenza della luce. L’effetto visivo di questa esperienza è dato dal gusto stilistico raggiunto dall’autore, nel senso che l’intenzione è quella di unire la forma con i sogni, con gli echi del mito, con il racconto sentimentale del pensiero.

Novembre 2011                                                                                       

Gabriella Niero